ULISSE e l'Odissea
 

LA TRAMA DELL'ODISSEA 2a PARTE

I RICORDI DI ULISSE
mitologia

Dopo la guerra di Troia, Ulisse era partito con Nestore e Menelao, ma una tempesta provocata da Poseidone dio dei mari, disperse la flotta e finì nell'isola dei Ciconi. I suoi uomini fecero razzie e i Ciconi uccisero molti di loro. Ulisse risparmiò Marone, sacerdote di Apollo il quale gli donò un vino speciale, fortissimo.

Dopo la sua partenza ci furono altre tempeste ad opera di Poseidone che gli fecero perdere completamente la rotta. Gli uomini di Ulisse erano impauriti, sperduti e senza speranza a causa delle continue sventure di un viaggio che si prospettava interminabile. Quando sbarcarono nell'isola dei Lotofagi, i mangiatori di loto, alcuni dei suoi uomini in esplorazione non tornarono più. Ulisse andò a cercarli da solo senza forzare nessuno dei compagni a seguirlo. Tuttavia, i suoi uomini, vedendo che il loro capo non li abbandonava anche a costo della propria vita, decisero di unirsi a lui alla ricerca.

Ulisse ritrovò gli uomini dispersi, ospitati dai Lotofagi e da essi drogati con il fiore di loto, un fiore che toglie la memoria e i desideri. Lì sembravano aver raggiunto il paradiso, la possibilità di fuggire dai dolori di un viaggio che non offriva più speranze. Ma quella sensazione di felicità era in realtà solo un'illusione che copriva la tristezza nei loro cuori. Ulisse, li riprese con sé, riportandoli alla ragione, perché in lui ardeva sempre il senso del dovere e la speranza di riportare tutti in patria.

Sbarcati in un'altra isola, Ulisse e il cugino Euriloco, si resero conto che stavano attraversando isole nascoste, difficilmente raggiungibili. Eppure loro vi accedevano naturalmente, misteriosamente attirati da forze superiori. Ormai non avevano più punti di riferimento per ritrovare la rotta verso Itaca ma non potevano dirlo agli altri uomini per non gettarli nel panico.

Ulisse notò con sorpresa che quell'isola era abitata: si presentava l'occasione per chiedere agli abitanti del luogo dove fossero giunti con la nave. Così si diresse con alcuni dei suoi uomini verso la dimora intravista da lontano. Per non mostrare ostilità, portò con sé il vino nero regalatogli da Marone il sacerdote di Apollo, un vino fortissimo che andava allungato di almeno venti volte con l'acqua per poter essere bevuto. Incontrarono così il gigante che dimorava nella grotta, il ciclope Polifemo, il quale non aveva alcuna intenzione di aiutarli ma di mangiarli tutti, iniziando sin da subito a cibarsi con alcuni di loro.
Il giorno dopo, Polifemo lasciò la sua grotta chiudendone l'unica entrata con una grande roccia, non permettendo ai superstiti di scappare. Portò le pecore al pascolo lasciandoli soli: al suo ritorno, avrebbe continuato a banchettare con loro. Ulisse, approfittando del tempo rimastogli, escogitò un piano in grado di sconfiggere il mostro e uscire dalla grotta chiusa dall'enorme roccia.

Al ritorno del gigante, dopo che questi si cibò di altri dei suoi compagni, Ulisse, seguendo il suo piano di salvezza, gli offrì il vino Marone e, vedendo che Polifemo lo gradiva, si rivelò con il falso nome di Nessuno. Continuò a offrirgliene fino a ubriacarlo e addormentarlo. Con l'aiuto dei compagni, utilizzando un arbusto arroventato che avevano preparato in assenza del mostro, gli accecarono l'unico occhio. Polifemo invocò l'aiuto degli altri ciclopi ma quando questi gli domandarono chi lo minacciava, rispose che Nessuno cercava di ucciderlo. Credendo che stesse delirando, i ciclopi se ne andarono.

La mattina seguente, dopo vani tentativi di trovare chi lo aveva accecato, Polifemo fu costretto a liberare le sue pecore, spostando la grande roccia che chiudeva l'unica entrata della grotta. Prevedendo che il gigante avrebbe controllato tutto ciò che usciva dalla grotta tastando con mano le pecore una ad una, Ulisse fece legare i suoi compagni al ventre delle pecore. Poi, unico rimasto nella grotta, non potendosi legare da solo si aggrappò all'ariete, il più caro degli animali di Polifemo, riuscendo a fuggire. Mentre lasciava l'isola con la nave, rivelando una volta al sicuro il proprio vero nome al gigante, Polifemo chiamò a gran voce suo padre Poseidone, supplicandogli di essere vendicato.

fuga di Ulisse

Ulisse raggiunse l'isola di Eolo, questa volta recandosi da solo nella dimora del dio in cerca di aiuto, senza coinvolgere i suoi compagni. Partecipò al banchetto della divinità per un mese intero, costretto a narrare più volte le sue avventure al dio e alla sua famiglia. Poi, dopo che Ulisse gli ebbe chiesto il permesso di ripartire, Eolo gli regalò in cambio del giuramento di non aver mai offeso il dio Poseidone, un otre pieno dei venti sfavorevoli, che lo avrebbe aiutato a raggiungere la sua terra. Ulisse pronto a tutto pur di tornare in patria assieme ai suoi compagni, mentì a fin di bene.

Quando grazie al dono di Eolo raggiunse finalmente Itaca, Ulisse si addormentò per la fatica. I suoi uomini, vergognandosi di tornare a casa dopo tanti anni e a mani vuote, sospettosi che Ulisse nascondesse dell'oro nell'otre, ruppero quest'ultimo e i venti sfavorevoli fuoriuscirono respingendoli lontani da Itaca.

Le correnti li spinsero dai Lestrigoni giganti, divoratori di uomini. Alcuni dei suoi uomini attraccarono al porto, ma Ulisse per precauzione decise prima di sbarcare di analizzare attentamente l'ambiente aggirando il promontorio. I Lestrigoni li attaccarono e quasi tutta la flotta fu distrutta, tranne la nave governata da Ulisse.

Raggiunsero poi l'isola della maga Circe. Alcuni degli uomini del comandante, durante la perlustrazione dell'isola, furono tramutati in porci. L'unico del gruppo ad evitare di essere trasformato in bestia fu Euriloco che riferì a Ulisse l'accaduto. Quest'ultimo decise di incamminarsi da solo alla ricerca dei compagni perduti per non mettere in pericolo gli altri. Più incontrava difficoltà e sconfitte e più avvertiva la necessità di andare oltre, desideroso di scoprire i segreti divini celati ai mortali. Durante il cammino incontrò Ermes il dio messaggero dal bastone d'oro che gli offrì un fiore da mangiare, in grado di impedire al filtro magico della maga Circe di trasformarlo in animale; il dio lo avvertì anche del pericolo che sarebbe venuto dopo: la maga, per paura di essere uccisa, gli avrebbe offerto il suo amore e Ulisse, per salvare i suoi compagni avrebbe dovuto assecondarla rischiando per questo di dimenticare la sua missione.

 Tutto ciò avvenne: i suoi compagni ripresero sembianze umane, ma Ulisse, sedotto dal potere della maga, fu in grado solamente dopo un anno di uscire dal suo influsso magico, ritrovando dentro di sé il desiderio del ritorno in patria. Fu quindi inviato nell'Ade dalla maga Circe, per fargli conoscere il suo destino. Durante il viaggio nell'oltretomba, Ulisse incontrò lo spirito di Tiresia che gli rivelò la difficile situazione in cui si trovava la sua famiglia a Itaca. Il suo ritorno in patria, sarebbe avvenuto senza i suoi compagni e su una nave non sua.

Avrebbe sterminato i tracotanti pretendenti al trono, trascorso un breve periodo insieme alla famiglia e infine ripreso il mare raggiungendo una terra dove avrebbe placato l'ira di Poseidone attraverso numerosi sacrifici in suo onore e dove avrebbe trovato la morte dopo una serena vecchiaia. Ulisse, attraversando le tetre terre dell'Ade, incontrò lo spirito di Agamennone che lo ammonì di non fidarsi di nessuno una volta rientrato in patria, né degli amici né della moglie se non voleva morire prima del tempo. Fu poi la volta dell'incontro con Achille e infine della madre, morta per il dolore di non averlo più visto tornare.

Ulisse riprese il viaggio ma i suoi uomini, ormai, non gli credevano più. Non si ricordavano nemmeno di essere stati trasformati in porci e che Ulisse li aveva salvati. Questo perchè la magia di Circe aveva cancellato i loro ricordi. Nonostante Ulisse raccontasse ai compagni ciò che era successo dalla maga e mettendoli al corrente dei pericoli a venire, gli avvenimenti erano così incredibili per loro da fargli pensare che Ulisse avesse perso la ragione.

Ulisse scampò alle sirene, facendo tappare le orecchie ai compagni per non fargli udire la loro voce. Per contro, lui le ascoltò facendosi però legare il proprio corpo all'albero maestro per non cadere nella tentazione di tuffarsi in mare.

Grazie ai consigli di Circe, superarono così le insidie delle sirene, dei mostri Scilla e Cariddi.

Giunsero all'isola del dio Sole dove si trovarono costretti a sbarcarvi. Come predetto dalla maga Circe, l'isola era abitata dalle vacche sacre. Qui Ulisse fece fare il giuramento alla truppa di non mangiare la carne delle vacche per non attirare l'ira del dio del sole. Per molti giorni seppero tener fede al giuramento ma dopo aver terminato le provviste presenti sulla nave, non resistettero più e si cibarono delle bestie sacre approfittando della momentanea assenza del loro capo. Ripreso il mare, la nave affondò, spazzata via dalla tempesta causata dal dio che avevano adirato. Ulisse, l'unico a non aver violato il divieto, fu il solo a salvarsi e a raggiungere l'isola della ninfa Calipso dove vi trascorse sette lunghi anni. Poi gli fu permesso di costruire una zattera per andarsene.

TRAMA ODISSEA: 3a PARTE

Il ritorno a Itaca
Il ritorno in patria

Dopo aver ascoltato tutta la sua storia, il re Alcinoo desidera che Ulisse ritorni a Itaca. E' pronto a rischiare l'avverarsi di un'infausta profezia che vedrebbe gli elementi naturali rivoltarsi contro il popolo dei Feaci se lo aiuteranno a rimpatriare. Egli infatti comprende che Ulisse è stato sempre guidato da forze più grandi di lui e il destino vuole che il suo viaggio giunga a compimento. Così Ulisse ottiene il permesso di partire abbandonando il popolo dei Feaci.

Una volta tornato ad Itaca non si fa riconoscere da nessuno. Atena sotto spoglie mortali, lo aiuta a questo scopo, dandogli l'aspetto di un vecchio mendicante. Lo guida ancora una volta dicendogli di raggiungere il suo caro amico Eumeo, al quale prima di partire per Troia, Ulisse aveva affidato la custodia delle sue bestie. Eumeo pur non riconoscendo il suo padrone, lo accoglie offrendogli vitto e ospitalità, dimostrandosi non solo un servo fedele, ma anche generoso verso gli stranieri.

Nel frattempo Telemaco sta per lasciare Sparta per tornare a Itaca. Nemmeno da Menelao è riuscito ad avere informazioni che possano aiutarlo a rintracciare suo padre. Prima di partire incontra un indovino che gli chiede di portarlo via con sé rivelandogli che a Itaca alcuni uomini lo aspettano per ucciderlo. Gli consiglia di fare il giro largo e di sbarcare dalla parte opposta dell’isola, raggiungendo casa sua dalla campagna. Telemaco lo prende con sé e grazie alle sue indicazioni sfugge alla trappola dei Proci. Dopo che Telemaco si è recato da Eumeo confidandogli della sua paura di tornare a casa, Ulisse rivela la sua identità a entrambi. Così, Telemaco torna a casa da sua madre senza dirle nulla del ritorno di suo marito, per volere di quest'ultimo.

Anche Ulisse, sotto mentite spoglie di mendicante torna a casa: nessuno lo riconosce, a parte Argo il suo cane che dopo vent'anni gli viene incontro prima di morire di vecchiaia. Penelope incontra suo marito che è costretto a mentirle per non mandare a monte il suo piano di vendetta, dicendole di essere Etone re di Creta caduto in sventura. La regina, credendo di riconoscerlo viene abilmente smentita dalle parole di Ulisse.

Penelope propone una gara per l'indomani: il primo dei pretendenti che riuscirà a tendere l'arco di Ulisse attraversando con un freccia i fori di dodici scuri, sarà suo sposo. Il giorno della gara Atena stimola in Ulisse il desiderio di vendetta, alimentando allo stesso tempo l'ingordigia e l'arroganza dei pretendenti. Ulisse, sempre nei panni del vecchio straccione, chiede a ciascuno di loro l'elemosina per vedere se è rimasto un briciolo di compassione nel loro cuore, ma non trova riscontro. Anche l'indovino ospitato da Telemaco lancia una profezia di morte offrendo a tutti la possibilità di salvarsi, ma nessuno lo ascolta. Penelope porta l'arco che venti anni prima, un ospite aveva donato ad Ulisse e che quest'ultimo da giovane sapeva usare con forza e abilità. Utilizza questo stratagemma prevedendo che difficilmente qualcuno nella sua casa possieda l'abilità richiesta per vincere la gara.

Dopo che i pretendenti non hanno avuto nemmeno la forza necessaria a tendere l'arco fallendo nell'impresa, il mendicante chiede di avere anch'egli la possibilità di tentare. Così tende l'arco e scocca la freccia facendole attraversare i fori delle dodici scuri, vincendo la gara. Poi, rivelando a tutti di essere Ulisse, uccide tutti i pretendenti.

A vendetta compiuta incontra Penelope che è sì felice di rivederlo dopo tanto tempo, ma allo stesso tempo sofferente perché non si è fidato di lei mentendole sulla sua identità. Allora Ulisse le da la prova di essere sempre lui, il suo caro marito: le ricorda di quando da giovani lei volle costruire il loro letto nuziale tra i rami di un olivo, la pianta che le era sempre stata cara e da cui poi Ulisse vi costruì intorno le mura della casa. Le ricorda così che è sempre lui l'uomo che molti anni prima aveva sposato. Alle parole di Ulisse, Penelope si abbandona fra le sue braccia.

Ulisse, prima del giorno dopo si incammina per la casa di suo padre un tempo re di Itaca, ora un umile contadino. Vuole l'aiuto di suo padre per prepararsi alla guerra contro i parenti dei pretendenti uccisi che vogliono vendicarsi. Ma Atena scendendo in mezzo alle due fazioni, chiede che venga evitato lo spargimento di sangue, perpetuando pace. Ulisse ascolta la parola di Atena e così gli uomini a cui la vita dei loro figli è stata spezzata. Così viene ristabilita la pace nell'isola.

Successivamente Ulisse finalmente raggiunge la sua sposa donandole il suo amore. Poi le rivela a malincuore il suo destino: dovrà presto lasciare Itaca per raggiungere una terra ove la gente non conosce cibi salati e non conosce il mare. Lì pianterà un remo per terra e offrirà sacrifici a Poseidone, infine morirà dopo serena vecchiaia. Penelope comprende che solo le forze superiori degli dei possono guidare il cammino dei mortali ed essi devono far sì che il destino da loro voluto si compia.

FINE

1a Parte trama Odissea

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